
14 Ago Apparato Respiratorio e apparato urinario
Generalità
L’apparato respiratorio è composto da un insieme di organi cavi, canaliformi, le vie aerifere, e dai polmoni,
organi parenchimatosi in cui avviene la funzione dell’ematosi, cioè lo scambio di gas tra aria e sangue.
Le vie aerifere si distinguono in superiori, costituite dal naso esterno, dalle cavità nasali e paranasali e dalla
rinofaringe, e in inferiori, costituite dal condotto laringo-tracheale e dai bronchi.
La mucosa che tappezza le pareti interne di questi organi ha varie funzioni oltre a quella di rivestimento,
come quella di riscaldare (con la sua ricca vascolarizzazione), di umidificare (con la secrezione delle sue
ghiandole) e di filtrare (con il muco e con l’azione delle ciglia) l’aria che viene inspirata prima che
raggiunga i polmoni.
Vi sono poi alcuni tratti specializzati delle vie aerifere che hanno le funzioni dell’olfatto, la mucosa
olfattiva delle cavità nasali, e della fonazione, ad opera della laringe.
Dopo essere passata per le vie aerifere, l’aria arriva riscaldata, umidificata e filtrata ai polmoni, in cui sono
scavate numerosissime cavità, gli alveoli, i quali hanno una parete sottilissima che facilita l’ematosi.
Naso Esterno
Il naso esterno è un rilievo osseo-cartilagineo che si trova al centro della faccia, tra la fronte, il labbro
superiore e le guance ed ha forma di piramide triangolare, in cui si considerano tre facce: la faccia
posteriore corrisponde all’apertura piriforme, le facce laterali, inclinate verso le guance, sono provviste di
uno scheletro osseo nella parte superiore, costituito dalle ossa nasali, e di una parte inferiore mobile,
formata da cartilagini.
La base del naso è formata medialmente da un setto mobile, più sottile al centro, che divide fra loro le
narici, di forma variabile, le aperture che immettono nelle cavità nasali; lateralmente le narici sono
delimitate dal margine inferiore delle ali del naso.
Il naso esterno è formato da una radice, che corrisponde alle ossa nasali, un dorso ed un apice, al quale si
affiancano le ali del naso.
Il naso ha forma estremamente variabile, sia in rapporto a sesso, razza ed età, sia da individuo a individuo.
Il naso esterno è formato da uno scheletro osteocartilagineo, da muscoli, cute e sottocute.
Lo scheletro è formato alla radice del naso dalle ossa nasali, mentre nel dorso e nella base dalle cartilagini
laterali, di forma triangolare, cartilagini alari maggiori, a forma di ferro di cavallo che delimitano le narici,
cartilagine del setto, di forma quadrangolare (che posteriormente si pone a colmare l’angolo compreso tra
la lamina perpendicolare dell’etmoide e il vomere) e varie piccole cartilagini accessorie.
L’apparato muscolare dal muscolo nasale, muscolo depressore del setto, muscolo frontale (che si inserisce
alla radice del naso) e dal capo angolare del muscolo quadrato del labbro superiore.
La cute che ricopre il naso esterno è sottile e mobile sul piano scheletrico (connettivo lasso), mentre è
spessa e molto aderente alla parte cartilaginea (connettivo denso ricco di fibre elastiche); nelle ali la cute è
ricca di ghiandole sebacee che si aprono nei follicoli di finissimi peli; in corrispondenza delle narici la cute
si riflette per continuare in quella che tappezza il vestibolo.
Cavità Nasali
Le cavità nasali sono dei condotti simmetrici allungati sul piano sagittale, anfrattuosi, che si aprono
anteriormente con le narici e posteriormente accedono alla faringe trami te le coane. In ogni cavità è
possibile individuare una parte anteroinferiore ce corrisponde alla parte interna delle ali del naso, il
vestibolo del naso, ed una parte posteriore, più ampia detta cavità nasale propriamente detta.
Il vestibolo del naso è una fessura delimitata medialmente dalla cartilagine del setto e dalla parte mediale
della cartilagine alare, e lateralmente dalla cartilagine alare stessa; presenta inferiormente lo sbocco
all’esterno e superiormente il tramite per le cavità nasali propriamente dette.
Il ramo laterale della cartilagine alare determina una sporgenza che prende il nome di limen nasi.
La cute del vestibolo è sottile, provvista di un ridotto strato corneo, e presenta peli grossi e rigidi, le
vibrisse, che costituiscono una prima difesa contro le impurità dell’aria; ai peli sono annesse molte
ghiandole sebacee a cui si uniscono piccole ghiandole sudoripare.
La cute del vestibolo si trasforma in alto in mucosa della cavità nasale (epitelio cilindrico pluristratificato)
perdendo dapprima lo strato corneo e le vibrisse, poi le ghiandole che si trasformano in tubulo-acinose a
secrezione mucosa.
Le cavità nasali propriamente dette sono delle fessure molto ristrette, che presentano un pavimento ed una
volta, molto limitati, e due pareti, una mediale (liscia) ed una laterale (irregolare), più estese, che a volte
vengono fra loro in contatto.
Le cavità nasali propriamente dette sono delimitate dalle ossa del cranio e del massiccio facciale e sono
tappezzate di mucosa nasale, la quale provvede a livellare molte irregolarità che si osservano a livello
scheletrico.
Le cavità nasali propriamente dette comunicano anteriormente con il vestibolo del naso, posteriormente con
le coane; ricevono inoltre lo sbocco delle cavità paranasali, delle cavità pneumatiche delle ossa craniofacciali.
La volta delle cavità nasali propriamente dette è formata, dall’avanti all’indietro, dalle cartilagini del naso,
dalle ossa nasali, dalla spina nasale del frontale e dalla lamina cribrosa dell’etmoide; posteriormente si
trova una zona in cui si trova l’apertura del seno sfenoidale; questa zona è anche detta recesso
sfenoetmoidale.
Il pavimento delle cavità nasali propriamente dette è formato dai processi palatini del mascellare e dai
processi orizzontali delle palatine.
La parete mediale è costituita dalla lamina perpendicolare dell’etmoide, dal vomere e dalla cartilagine del
setto; spesso è asimmetrica poiché il setto può essere deviato verso uno dei due lati fino a mettersi in
contatto con la parete laterale della cavità. Nella parte antero-inferiore del setto si trova (non sempre
nell’adulto) un piccolo orifizio che immette in un diverticolo a fondo cieco: è il rudimentale organo
vomeronasale, molto sviluppato in alcuni roditori dove sembra associato alla funzione olfattiva.
La parete laterale presenta dall’alto in basso la sporgenza dei tre cornetti, che delimitano il tetto dei
rispettivi meati: al di sopra del cornetto superiore si può talvolta notare il rilievo dato dalla conca suprema.
A livello del meato medio si trovano due aperture, l’orifizio del seno mascellare, un orifizio di 3-4 mm di
diametro attraverso il quale la mucosa nasale continua con quella del seno mascellare, e l’infundibulo,
attraverso cui la mucosa nasale continua con quella che riveste il seno frontale e le cellule etmoidali
anteriori; l’infundibulo continua in basso e in dietro con una scanalatura obliqua, la doccia
dell’infundibulo, al di sopra della quale si trova la bolla etmoidale.
Nel suo discendere ,la mucosa nasale va a tappezzare il meato inferiore, dove si trova lo sbocco dal canale
nasolacrimale; al davanti dei cornetti inferiore e medio si trova una zona triangolare pianeggiante detta
agger nasi.
Le coane sono aperture quadrangolari, delimitate superiormente del corpo dello sfenoide, lateralmente dei
processi pterigoidei sfenoidali, medialmente dalla parte posteriore de vomere e inferiormente dalla parte
orizzontale del palatino, che mettono in contatto le cavità nasali con la faringe.
Le pareti delle cavità nasali sono costituite da due tipi di mucosa: la mucosa respiratoria e la mucosa
olfattiva.
La mucosa respiratoria, più estesa, si presenta di colorito roseo lucente, a causa del muco che la ricopre; è
costituita di un epitelio cilindrico pluriseriato vibratile (pavimentoso nelle zone più esposte, come quelle a
rivestire i cornetti) a cui si inframmezzano non omogeneamente cellule caliciformi.
La lamina propria è di connettivo lasso in superficie e denso in profondità, in cui trovano alloggio
numerose ghiandole a secreto misto, il quale ha il compito sia di trattenere le impurità sia di azione
antibatterica grazie al suo contenuto di immunoglobuline.
La vascolarizzazione è molto sviluppata, e la ricca componente muscolare dei vasi presenta degli sfinteri
capaci di bloccare il flusso sanguigno, determinando così uno stato congestizio della mucosa.
Nella parte del setto in cui la mucosa trapassa nella cute del vestibolo, detta locus Valsalvae, l’apparato
vascolare è molto superficiale, tanto da causare facilmente emorragie nasali (epistassi).
La mucosa olfattiva tappezza la volta delle cavità nasali ed è formata da uno strato epiteliale di oltre 60
micron caratterizzato da:
- cellule olfattive, cellule nervose capace di recepire gli stimoli odorosi, il cui corpo allungato è situato in
profondità nell’epitelio olfattivo; dal corpo si dipartono due prolungamenti, uno dendritico rivolto verso la
cavità nasale, dove termina in 10-20 peluzzi olfattivi immersi in una matrice glicoproteica, ed uno assonico,
rivolto in profondità, che si continua con un filuzzo del nervo olfattivo. - cellule di sostegno, intercalate alle olfattive, che presentano microvilli che si intrecciano con i peluzzi
olfattivi, e che partecipano alla secrezione del materiale glicoproteico che si stratifica alla superficie
dell’epitelio olfattivo. - cellule basali, piccole, che contraggono stretti rapporti con i neuriti delle cellule olfattive con un
dispositivo simile a quello delle cellule di Schwann.
La lamina propria è costituita di connettivo denso ricco di linfociti, in cui si trovano le ghiandole olfattive,
a secrezione sierosa, il cui secreto, riversato sulla superficie delle mucosa, costituisce un solvente per le
sostanze odorose (osmofori) e contiene inoltre una proteina che lega gli osmofori e che è riconosciuta
specificamente dai recettori delle cellule olfattive .
Cavità Paranasali
Le cavità paranasali (frontali, sfenoidali, mascellari) sono cavità pneumatiche il cui significato non è ben
chiaro, ma sembra servano a rendere più leggero il massiccio facciale e che partecipino ai fenomeni di
risonanza per la fonazione.
Le cavità paranasali sono rivestite da un epitelio cilindrico semplice con ciglia vibratili e cellule caliciformi
intercalate, che aderisce strettamente al periostio.
I seni frontali sono scavati nell’osso frontale, al di sopra del tetto dell’orbita; hanno forma di piramide
triangolare con apice laterale e base mediale; hanno una altezza di circa 2 cm e una larghezza di 2.5 cm.
La parete anteriore corrisponde largamente alla regione sopraccigliare ed il limite laterale è segnato
dall’incisura sottorbitaria. Molto spesso i seni risultano asimmetrici; nella parte mediale della base del seno
ha origine il canale che collega il seno al meato medio nasale.
I seni mascellari , contenuti nel corpo dell’osso mascellare, sono i più voluminosi tra le cavità paranasali e
la loro forma e dimensione variano in rapporto alle variazioni dell’osso mascellare.
Hanno la forma di piramidi triangolari con la base mediale e l’apice laterale; sono delimitati in basso e in
avanti dalla fornice del vestibolo della bocca, al di sopra dell’arcata alveolodentale, in alto al pavimento
dell’orbita, medialmente alla parte centrale del meato medio e inferiore, posteriormente alla fossa
pterigopalatina e al limite anteriore dello sfenoide.
Il seno si apre superiormente nel meato medio a livello della doccia dell’infundibulo; l’apertura verticale
determina una certa difficoltà di drenaggio di materiali come il pus, che perciò si raccolgono entro la cavità
del seno.
I seni sfenoidali, di forma cuboide, sono contenuti nel corpo dell’osso sfenoide e, come i seni frontali, sono
separati dal un setto che spesso è asimmetrico. Hanno le dimensioni di una nocciola e corrispondono in
avanti (dove si trova l’orifizio di sbocco) alla volta delle cavità nasali, in dietro alla sella turcica ed alla
lamina quadrilatera.
Laringe
ANT/LAT: ghiandola tiroide, muscoli sottoioidei, fasce cervicali superficiale e media, platisma, cute
POST: faringe
SUP: radice della lingua
INF: si continua nella trachea
Proiezione sulla superficie: si estende dalla 4° alla 6° vertebra cervicale (dall’osso ioide a 4 cm sotto di
esso).
La laringe è un condotto impari e mediano che fa seguito alla faringe e precede la trachea; essa occupa una
posizione mediana all’interno del collo e si estende per circa 4 cm in lunghezza, 4 cm in larghezza e 3.5 cm
in diametro anteroposteriore. Ha la forma di una piramide triangolare con base superiore (che si trova dietro
e al di sotto della radice linguale) e apice tronco inferiore, che diventa trachea.
L’apertura superiore della laringe è detto adito laringeo ed è un’apertura ovoidale fortemente inclinata
dall’alto al basso e dal davanti al dietro che si pone in continuità con la faringe, mentre l’apice è
un’apertura arrotondata che mette in continuità la laringe con la trachea a livello del limite fra 6° e 7°
vertebra cervicale.
L’adito laringeo è delimitato anteriormente dal margine libero dell’epiglottide, lateralmente da pieghe della
mucosa, le pieghe ariepiglottiche, che posteriormente delimitano la fessura interaritenoidea, in
corrispondenza della quale la mucosa forma la piega interaritenoidea.
La cavità della laringe è molto meno ampia della sua circonferenza esterna, e due pieghe, le pieghe
ventricolari (superiori) e le corde vocali (inferiori) permettono di dividerla in tre segmenti: un vestibolo,
una parte media e una inferiore.
Tra le due pieghe si trova una fessura che immette in un diverticolo, il ventricolo laringeo; tra le pieghe
ventricolari è compresa la rima del vestibolo, tra le corde vocali la rima del glottide.
La rima del glottide è il punto più stretto della laringe, e corrisponde all’apertura determinata
dall’allontanamento delle corde vocali, benché rimanga comunque beante, assicurando così sempre il
passaggio di aria.
La laringe ha il compito oltre che di convogliare l’aria inspirata ed espirata, anche quello della fonazione e
di impedire il transito del bolo alimentare nelle vie respiratorie.
La laringe si innalza e si abbassa attivamente durante la respirazione, la deglutizione e la fonazione; inoltre
si muove passivamente con i movimenti della colonna cervicale.
La laringe è costituita di vari pezzi cartilaginei uniti tra loro e con gli altri organi tramite legamenti. La
mobilità dei pezzi cartilaginei è dovuta alla presenza di muscoli; le cartilagini sono unite fra loro da una
membrana elastica, profondamente alla quale si trova la tonaca mucosa che riveste il lume.
La fonazione è una funzione complessa che avviene grazie all partecipazione di molto organi: inizia a
livello polmonare, dove l’aria viene espirata con quantità e pressione regolata; l’aria mette in vibrazione le
corde vocali, la cui distanza e tensione ha un ruolo fondamentale. A questo punto servono delle casse di
risonanza per amplificare il suono, e queste sono le cavità paranasali, orale e faringea, che agiscono
insieme; infine la lingua e lo stato di costrizione dei muscoli orofaringei ha fondamentale importanza
nell’emissione di suoni diversi e per la produzione del linguaggio.
CARTILAGINI
Le cartilagini principali della laringe, a cui si affiancano piccole cartilagini accessorie, sono:
la cartilagine tiroide, la più grande, impari, a forma di scudo costituito dall’unione di due lamine
quadrilatere verticali che si uniscono medialmente (con angolo retto nel maschio, ottuso nella femmina e
nel bambino) dando origine alla prominenza laringea (o pomo d’Adamo); in ogni lamina si distinguono
una parte anteriore, più estesa, ed una posteriore, separate fra loro da una linea obliqua che inizia in alto
con il tubercolo tiroideo superiore e termina in basso con il tubercolo tiroideo inferiore; il margine
superiore è orizzontale e ondulato, solcato dall’incisura tiroidea, quello posteriore verticale rettilineo.
Dove i margini superiore ed inferiore incontrano il margine posteriore si formano rispettivamente il corno
tiroideo superiore, più grande, di circa 2 cm, e il corno tiroideo inferiore, di circa 5-8 mm, che si articola
con la sottostante cartilagine cricoide.
La cartilagine tiroide è di tipo ialino e può subire col tempo una parziale ossificazione;
la cartilagine cricoide è l’elemento fondamentale della laringe in quanto dà attacco a tutte le altre
cartilagine e a molti muscoli laringei: si trova sotto la cartilagine tiroide e sopra il primo anello tracheale
(tramite il quale è unito dal legamento cricotracheale) ed ha la forma di un anello con arco posteriore e
lamina anteriore.
La lamina presenta nel mezzo una cresta della lamina, ai lati della quale si trovano due depressioni o fosse
della lamina, mentre nella parte postero-laterale dell’arco si trovano le faccette articolari per la cartilagine
tiroide.
Anche questa cartilagine è di tipo ialino e può andare incontro a ossificazione;
le cartilagini aritenoidi sono due piccole cartilagini di forma piramide triangolare con base in basso, molto
mobili per l’attacco di numerosi muscoli, che si trovano appoggiate alla parte superiore della lamina della
cartilagine cricoide.
La base presenta una faccetta articolare per la cricoide, in prossimità della quale si trovano due
prolungamenti, uno diretto in fuori, detto processo muscolare, e uno rivolto in avanti e allungato, detto
processo vocale, che con il suo apice prosegue nel legamento vocale.
La faccia anterolaterale è caratterizzata da due depressioni, la fossa oblunga e la fossa triangolare, separate
fra loro dalla cresta arcuata; l’apice si continua nelle cartilagini corniculate.
L’apice ed il processo vocale sono di cartilagine elastica, il resto di ialina;
la cartilagine epiglottide ha la forma di una fogliola con picciolo, il quale è unito alla cartilagine tiroide,
rispetto alla quale è posteriore, per mezzo del legamento tireoepiglottico. A riposo essa è rivolta dal basso
in alto e dal davanti all’indietro; la sua faccia anteriore è unita alla parte faringea della lingua, nella metà
superiore è rivestita da una mucosa che fa seguito a quella della bocca e nella parte inferiore è coperta dal
tessuto adiposo che riempie lo spazio tiroioepiglottico; la parete posteriore è invece ricoperta dalla mucosa
laringea.
La cartilagine epiglottide è cosparsa sulle sue superfici da fossette che accolgono le ghiandole della mucosa
che la riveste; essa funziona come una valvola che chiude l’adito laringeo al momento della deglutizione.
E’ di tipo elastico;
le cartilagini corniculate, di tipo elastico, sono piccoli coni ritenute porzioni delle aritenoidi resesi
indipendenti;
le cartilagini cuneiformi, di tipo elastico, a volte assenti, sono parti della epiglottide.
ARTICOLAZIONI E LEGAMENTI
Le articolazioni della laringe sono le articolazioni cricotiroidee, dotate di una capsula articolare lassa, che
permettono movimenti di rotazione in avanti e indietro su asse trasversale e di scivolamento verso l’alto e il
basso, si attuano tra le faccette articolari cricoidee e i corni tiroidei inferiori, le articolazioni
cricoaritenoidee, in cui le cartilagini aritenoidi hanno grande libertà di movimento, di fondamentale
importanza nella fonazione, e le articolazioni aricorniculate, che nel vecchio si fondono.
I legamenti intrinseci della laringe sono il legamento cricocorniculato, elastico, che parte dal
margine superiore della lamina cricoide e si unisce agli apici delle corniculate, il legamento
tireoepiglottico, che fissa il picciolo epiglottico all’angolo diedro della cartilagine tiroide, le membrane
quadrangolari, che si estendono dalle pareti laterali dell’epiglottide ai margini mediali delle cartilagini
aritenoidi e corniculate (e il cui margine inferiore rappresenta lo scheletro fibroso delle corde vocali false),
e le membrane elastiche delle parti media e inferiore della laringe (quest’ultima parte forma due coni
elastici che formano il legamento vocale, scheletro fibroso delle corde vocali vere, portandosi dall’angolo
diedro della cartilagine tiroide ai processi vocali aritenoidei.
I legamenti estrinseci connettono la laringe all’osso ioide, alla lingua, alla faringe e al primo anello
tracheale; sono rispettivamente la membrana tiroioidea, il legamento ioepiglottico, il legamento
faringoepiglottico e il legamento cricotracheale.
MUSCOLI
I muscoli laringei si distinguono in intrinseci ed estrinseci.
Sono muscoli intrinseci:
il muscolo cricotiroideo, di forma triangolare, che si fissa con la base al margine inferiore della cartilagine
tiroide e con l’apice tronco all’arco cricoideo; prendendo punto fisso sulla tiroide, spinge in dietro la
cricoide e le aritenoidi, o viceversa: in ogni caso tende i legamenti vocali ed è perciò detto anche muscolo
tensore delle corde vocali;
il muscolo cricoaritenoideo posteriore, pari, di forma triangolare, si fissa alla fossa della lamina della
cricoide fino ai processi muscolari delle aritenoidi: contraendosi allontana fra loro le corde vocali;
il muscolo cricoaritenoideo laterale, pari, si estende dalla pareti laterali della lamina cricoide ai processi
muscolari aritenoidei: avvicina le corde vocali;
il muscolo tiroaritenoideo ha origine dai due terzi inferiori della lamina inferiore tiroidea e si inserisce sul
margine laterale (fascio laterale) nella fossa oblunga e sul processo vocale dell’aritenoide (fascio mediale):
il fascio laterale adduce la corda vocale, il fascio mediale tende la corda vocale;
il muscolo aritenoideo obliquo, pari, si inserisce al processo muscolare dell’aritenoide di un lato e si fissa
all’apice della stessa del lato opposto: restringe l’adito della laringe;
il muscolo aritenoideo trasverso è teso fra i margini laterali delle aritenoidi: ha azione sinergica agli
obliqui;
il muscolo aeriepiglottico si estende dai margini laterali delle aritenoidi ai margini laterali dell’epiglottide:
contraendosi, abbassa l’epiglottide e chiude l’adito laringeo.
Trachea e Bronchi
La trachea e i bronchi presentano la stessa struttura, sono cioè formati esternamente da anelli cartilaginei
ialini incompleti nella parte posteriore, e internamente da una tonaca mucosa, costituita da epitelio
cilindrico pluristratificato cigliato intercalato da cellule mucipare caliciformi che si presenta liscio in avanti
e con pieghe longitudinali indietro, una lamina propria di connettivo ricco di fibre elastiche e una tonaca
sottomucosa di connettivo lasso che accoglie le ghiandole tracheali, e secrezione sierosa, mucosa e mista.
Proiezione sulla superficie: dai 4cm circa sotto l’osso ioide alla 2° cartilagine costale, dove si biforca nei
bronchi.
La trachea è un canale impari e mediano che si estende, in proiezione, dal limite fra la 6° e la 7° vertebra
cervicale, facendo seguito alla laringe, alla 3°-4° vertebra toracica (o, in proiezione anteriore, alla 2°
cartilagine costale), punto in cui si biforca nei bronchi.
Ha una lunghezza di circa 12 cm e un diametro di 1,7 cm ed è costituita da circa 15-20 anelli cartilaginei
che si susseguono fra loro tenuti insieme dai legamenti anulari, anelli che posteriormente sono incompleti
per al presenza di una parete membranosa, e che mantengono la trachea sempre pervia.
In basso, nel punto di biforcazione, la trachea è fissata al centro frenico del diaframma, mentre in alto è
mobile e segue i movimenti della laringe nella deglutizione e fonazione; essendo inoltre elastica ed
estensibile si allunga e accorcia fisiologicamente con i movimenti della colonna.
Nel primo tratto, dove presenta la prima depressione, dovuta alla ghiandola tiroide (impronta tiroidea) è
verticale, mentre in basso, dove è presente la seconda depressione, dovuta all’arco aortico (impronta
aortica), il condotto devia e si porta verso destra e profondamente.
Nella trachea si distinguono un parte cervicale, lunga 4 cm e composta dai primi 5-6 anelli, ricoperta di
connettivo adiposo dove sono contenuti i linfonodi pretracheali, in rapporto POST: con l’esofago e LAT:
con arteria carotide comune, giugulare interna e nervo vago, ed una parte toracica, circondata da
connettivo lasso che accoglie i linfonodi tracheali, e decorre al limite tra mediastino anteriore e posteriore,
contraendo rapporti ANT: con la vena anonima sinistra, timo, muscoli sottoioidei, sterno, arco dell’aorta,
arteria anonima e carotide comune sinistra, LAT: con la pleura mediastinica e POST: con l’esofago; a
livello della biforcazione la trachea si pone in rapporto con il pericardio e gli atri del cuore.
RAPPORTI: I bronchi entrano nella compagine dei polmoni accompagnati dal corredo vascolonervoso di
tale organo, cioè arterie e vene polmonari, arterie e vene bronchiali, i rami bronchiali del vaso e il plesso
cardiaco; inoltre, a cavallo del bronco sinistro si trova l’arco dell’aorta, mentre davanti e dietro al bronco
destro decorrono rispettivamente la vena cava superiore e la vena azigos.
I bronchi derivano dalla diramazione della trachea a livello della 2° cartilagine costale: inizialmente si
hanno due bronchi principali, uno destro e uno sinistro, che poi si arborizzano quando raggiungono l’ilo
polmonare e quindi penetrano all’interno dell’organo; i primi vengono anche detti bronchi extrapolmonari,
i secondi bronchi intrapolmonari. Il punto di biforcazione interno è detto sprone tracheale.
I due bronchi principali si distaccano dalla trachea con angolo differente: 20° per il destro e 40 per il
sinistro; inoltre il bronco destro ha un maggior diametro(15 mm rispetto agli 11 mm del sinistro) e una
minore lunghezza (2 cm contro 5 cm); il maggior calibro è dovuto al fatto che il polmone destro è più
ampio.
Inizialmente i bronchi, dopo essere entrati nella compagine polmonare, si dividono in maniera monopodica,
cioè emettendo rami collaterali ma conservando la loro individualità, solo diminuendo di diametro;
successivamente, invece, la divisione diventa dicotomica, cioè ogni ramo si sdoppia in rami di uguale
calibro che formano fra loro angoli ottusi o a T.
Man mano che la ramificazione procede, la componente cartilaginea diminuisce lasciando il posto ad una
più ricca componente elastica e muscolare; inoltre l’epitelio si fa sempre più sottile, fino ad arrivare a
livello degli alveoli polmonari dove è rappresentato da epitelio semplice e dove mancano le ghiandole e la
lamina basale ha uno spessore minimo.
Polmoni
ANT/POST/LAT: gabbia toracica
MED: mediastino e organi che vi sono contenuti (grossi vasi, esofago, cuore)
INF: diaframma
SUP: organi che si trovano all’apertura superiore del torace (vasi succlavi, plesso brachiale e muscolo
scaleno anteriore)
I polmoni sono gli organi in cui avvengono gli scambi gassosi fra aria e sangue (ematosi); in numero di
due, destro sinistro, sono contenuti nella cavità toracica e delimitano medialmente una zona compresa tra lo
sterno e la colonna vertebrale, denominato mediastino, spazio che accoglie il cuore, il timo, i grossi vasi,
l’esofago, la trachea e i bronchi.
I polmoni sono avvolti da una sierosa, la pleura, che consta di due foglietti tra i quali si trova uno spazio, la
cavità pleurica, in cui esiste una pressione negativa che permette la dilatazione dei polmoni durante
l’inspirazione.
I polmoni hanno una altezza di circa 25 cm, un diametro anteroposteriore di 16 e uno trasverso di 11 a
destra e 8 a sinistra; nella femmina i valori sono lievemente inferiori che nel maschio.
Il volume è di circa 1600 cc e il peso di circa 680 gr per il polmone destro e 620 per il sinistro; il polmone
che non ha respirato va a fondo, quello che ha respirato, per il contenuto d’aria che abbassa il peso
specifico, galleggia (prova della docimasia idrostatica, importate in medicina legale)
Il colore dei polmoni varia con l’età: prima della nascita è rosso bruno, nell’infanzia è roseo, mentre
nell’adulto diventa grigio biancastro con macchie scure dovute all’accumulo di pigmenti, soprattutto di
particelle di carbone (antracosi) nel connettivo interstiziale, intorno ai vasi.
La superficie dei polmoni presenta un disegno areolare, che si accentua con l’età, con aree poligonali di
circa 1 cm di diametro, che corrispondono alle facce superficiali dei lobuli polmonari più periferici e le
linee di contorno sono date dal connettivo interlobulare.
Il polmone che ha respirato ha una consistenza spugnosa, e, comprimendolo, si produce una caratteristica
crepitazione dovuta allo spostamento delle bollicine d’aria e alla rottura delle pareti alveolari.
Il polmone ha inoltre un alto grado di elasticità che permette il ritorno elastico dell’espirazione.
Nel polmone si distinguono una base, un apice e due facce, laterale e mediale.
La base, o faccia diaframmatica, di forma semilunare concava medialmente, poggia sul diaframma, e da
questo è separata a destra del lobo destro del fegato, a sinistra dal lobo sinistro del fegato, dallo stomaco e
dalla milza e posteriormente dalla ghiandola surrenale e dai poli superiori dei reni.
La faccia laterale, la più estesa, convessa, si estende, in avanti, fin quasi alla linea mediana, e
posteriormente fino ai corpi delle vertebre toraciche.
La faccia mediale corrisponde al mediastino e presenta nel suo punto di mezzo, leggermente più spostato
verso la parte posteriore, un’area infossata, l’ilo polmonare, in cui entrano nella compagine del polmone i
bronchi, le arterie e ne escono le vene: l’ilo è sede di linfonodi detti appunto ilari; a livello dell’ilo si ha la
riflessione delle pleura parietale in pleura viscerale e viceversa.
Al davanti e al di sotto dell’ilo si trova una zona infossata, la fossa cardiaca, più profonda a sinistra;
sempre sulla faccia mediale si trovano, posteriormente, sul polmone sinistro, una doccia dovuta all’aorta,
sul destro una doccia dovuta alla vena azigos.
L’apice del polmone è tutta quella zona che si trova al di sopra della 2° costa e si presenta come un cono
arrotondato; medialmente l’apice è incrociato all’arteria succlavia che vi lascia un impronta.
La superficie del polmone è percorsa da scissure che dividono l’organo in lobi polmonari: le scissure sono
una a sinistra e due a destra.
I lobi rappresentano solo una prima divisione dei polmoni in parti che sono funzionalmente indipendenti tra
loro, avendo una vascolarizzazione e una ventilazione propria: sempre in rapporto a questi parametri è
inoltre possibile dividere in polmoni in varie zone o segmenti polmonari e successivamente in lobuli
polmonari, con l’evidente vantaggio di sacrificare, in condizioni patologiche, con l’asportazione, il minimo
indispensabile del parenchima; in ciascun polmone si distinguono dieci zone.
Ciascuna zona comprende quindi centinaia di unità indipendenti visibili anche all’esame esterno del
polmone, i lobuli polmonari; ogni lobulo è formato da una decina di unità elementari, gli acini polmonari,
cui fanno capo le ultime ramificazioni dei bronchi intrapolmonari.
I lobi sono forniti dai bronchi lobari (di primo ordine), derivanti direttamente dai bronchi principali, le zone
dai bronchi zonali (di secondo ordine), i lobuli dai bronchi lobulari e gli acini dai bronchioli terminali.
Fino a un calibro di 4 mm i bronchi (parti dell’albero bronchiale) possono essere isolati dal parenchima
polmonare, quelli più piccoli, invece, vi compenetrano intimamente.
Superiormente i polmoni si estendono con l’apice fino a 1-3 cm oltre la clavicola: esso è quindi palpabile a
livello soprascapolare; anteriormente, lateralmente e posteriormente i polmoni occupano praticamente tutta
la cavità toracica, con il margine anteriore che inizia a livello dell’articolazione sternoclavicolare; il
polmone sinistro, a livello della 4° cartilagine costale, devia verso l’esterno lasciando spazio all’incisura
cardiaca, tornando medialmente a livello della 6° cartilagine costale. Inferiormente, il margine polmonare si
trova, a livello della linea ascellare media, in corrispondenza della 7° costa, sulla linea angoloscapolare a
livello della 9° costa, e sulla linea paravertebrale a livello della 11° costa.
La posizione del margine inferiore cambia nelle diverse fasi della respirazione, dal momento che l’aumento
di volume dei polmoni avviene soprattutto in senso verticale.
I bronchioli terminali, ognuno dei quali fornisce un acino, si divide a sua volta in due bronchioli alveolari,
i quali presentano, sulla loro superficie, estroflessioni emisferiche, gli alveoli; questi, man mano che il
bronco procede, si fanno sempre più numerosi, fino a formare completamente dei condotti a fondo cieco
che rappresentano la fine delle vie respiratorie, i sacchi alveolari.
A questo livello si trovano le cellule bronchiolari, elementi secernenti di tipo sieroso il cui secreto serve a
mantenere fluido il secreto mucoso che le cellule mucipare caliciformi immettono nei bronchioli.
Gli alveoli polmonari è costituito da un epitelio e da un sottostante strato connettivale riccamente
vascolarizzato, per la funzione di ematosi.
L’epitelio è costituito da diversi tipi di cellule, i pneumociti di primo tipo, elementi appiattiti, i pneumociti
di secondo tipo, rotondeggianti, provvisti di microvilli e contenenti corpi multilamellari di surfactanti
lipoproteici, elementi che servono a mantenere dilatati gli alveoli al fine di ottenere una massima resa
dall’ematosi, e macrofagi alveolari.
La parete alveolare costituisce la barriera che separa l’aria dal sangue, ed è composta dall’epitelio
alveolare, dalla membrana basale dell’alveolo, dalla membrana basale dell’endotelio e, infine,
dall’endotelio stesso; in alcuni punti le due membrane basali sono fuse. Lo spessore della barriera varia da
0.2 a 0.7 micron.
Pleure
Le pleure sono due membrane sierose che avvolgono i polmoni, si distinguono in pleura viscerale e pleura
parietale, e sono del tutto indipendenti fra loro, anche se vengono a contatto dietro allo sterno.
La pleura viscerale è una membrana sottile e trasparente che aderisce intimamente alla superficie del
polmone e si ripiega su se stessa a livello dell’ilo polmonare, continuando così nella pleura parietale.
La pleura parietale può essere divisa in tre parti: una parte costale, una mediastinica e una diaframmatica.
La parte costale è spessa e resistente e si mette in rapporto, attraverso la fascia endotoracica, ai muscoli del
torace; nella parte superiore, detta cupola pleurica, si trova l’apparato sospensore della pleura, costituito dai
legamento costopleurale, dal legamento scalenopleurale e dal legamento vertebropleurale.
La parte mediastinica è una membrana sottile e trasparente e la parte diaframmatica è una membrana che
aderisce intimamente al diaframma.
Le pleure sono formate da uno strato mesoteliale, di cellule piatte, e uno sottomesoteliale, superficialmente
ricco di collagene e profondamente di fibre elastiche.
La pleura diaframmatica, continuando nella pleura costale a livello dell’angolo compreso tra il diaframma e
la parete toracica, dà origine al seno costodiaframmatico; questa è una cavità virtuale che il polmone
occupa parzialmente quando, con l’inspirazione, aumenta di volume.
La proiezione toracica del seno corrisponde ad una linea che passa per la 6° cartilagine costale, scende fino
alla 7° costa a livello della linea emiclaveare, alla 10° costa a livello della ascellare media e prosegue in
basso a livello della 12° costa in corrispondenza della colonna vertebrale.
Il triangolo extrapleurale è un’area priva di pleura, con apice sull’estremità sternale della 4° cartilagine
costale di sinistra e la base che corrisponde alla linea basisternale.
APPARATO URINARIO
Generalità
L’apparto urinario svolge una funzione emuntoria, essendo adibito all’eliminazione dal circolo sanguigno
dei prodotti del catabolismo organico, come i prodotti derivati dalla degradazione delle proteine (urea,
acido urico, creatinina, etc); è adibito poi all’eliminazione dell’acqua in eccesso e di molti ioni (sodio,
potassio, etc), nonché di sostanze estranee introdotte nell’organismo, come farmaci.
L’apparato urinario è composto dai reni, i depuratori veri e propri del sangue, e dalle vie urinarie, che sono
composte dai calici (minori e maggiori), le pelvi, gli ureteri, la vescica e l’uretra.
Reni
POST: diaframma, muscolo quadrato dei lombi
MED: muscolo psoas, uretere—– (destro): cava inferiore; (sinistra): aorta addominale
LAT: muscolo quadrato dei lombi—– (destra): fegato; (sinistra): milza in alto e colon discendente in
basso.
ANT: (destra) flessura destra del colon, duodeno, fegato (impronta renale); (sinistra): milza (faccia
renale), coda del pancreas, flessura sinistra del colon, flessura duodenodigiunale, parte posteriore dello
stomaco (attraverso la borsa omentale).
SUP: ghiandola surrenale
Proiezione sulla superficie: il margine mediale del rene destro corrisponde dal disco fra la 11T e la 12T al
disco fra la 3L e la 4L sulla paravertebrale, mentre il margine mediale del rene sinistro va dalla 11T alla 3L
sempre sulla paravertebrale.
I reni, destro e sinistro, sono due voluminosi organi situati nella regione lombare, ai lati della colonna
vertebrale, in proiezione corrispondenti alla zona compresa fra il margine inferiore della 11° vertebra
toracica e il margine superiore della 3° lombare; il rene destro è di circa 2 cm più basso per i rapporti che
contrae col fegato.
Hanno forma a fagiolo appiattito antero-posteriormente, di colorito rosso bruno e di consistenza abbastanza
dura; pesano 150 gr e hanno un’altezza di 12 cm, una larghezza di 6.5 cm e una profondità di 3 cm; la
superficie è liscia e solo nel neonato o in casi patologici dell’adulto, presenta dei solchi che delimitano dei
lobi (rene lobato).
Il margine mediale del rene presenta un infossamento nella parte di mezzo che corrisponde all’ilo renale, il
punto in cui entrano nella compagine del rene i vasi arteriosi ed escono quelli venosi e gli ureteri.
L’ilo immette in una cavità, il seno renale, in cui sono accolti i calici minori e maggiori e parte della pelvi,
e che è completamente immerso in tessuto adiposo.
Ciascun rene è avvolto da una capsula fibrosa che rappresenta una differenziazione del connettivo
retroperineale, e che si sdoppia in due foglietti, uno anteriore che aderisce al peritoneo e che si unisce nella
parte mediale alla sua controparte, e uno posteriore che aderisce alle vertebre; superiormente i due foglietti
si uniscono e si fissano al diaframma.
I reni sono poi fissati anche dal peduncolo vascolare, un mezzo di fissità che li ancora all’aorta e alla vena
cava inferiore; nonostante ciò i reni mantengono una certa mobilità, abbassandosi e alzandosi di circa 3 cm,
in seguito alla respirazione.
Fra la capsula fibrosa e il parenchima renale si trova un esile strato muscolare liscio.
Il parenchima renale risulta composto di due parti, una interna, detta midollare e una esterna detta corticale.
La zona midollare, di colorito rossastro aspetto finemente striato, è organizzata in 8-18 formazioni coniche,
le piramidi renali, che con la loro base si continuano la parte corticale, mentre con il loro apice, le papille
renali, terminano nel seno renale, circondate dai calici minori; l’estremità libera delle papille, detta area
cribrosa, presenta una serie di forellini, i forami papillari, che corrispondono allo sbocco dei dotti papillari.
La zona corticale, di colorito giallastro, occupa la parte posteriore alla zona midollare, ma con una sua
parte si insinua fra le piramidi renali. E’ composta di due differenti parti, una parte radiata, costituita dai
raggi midollari, che si estendono dalla base delle piramidi e si portano fin quasi alla superficie del rene, ed
una parte convoluta, di aspetto granuloso, che si trova inframmezzata a due piramidi e forma le colonne
renali; inoltre costituisce il cortex corticis, ovvero la parte che si trova tra l’apice dei raggi midollari e la
superficie del rene.
La disposizione delle zone midollare e corticale permette di distinguere nei reni lobi, formati dalle piramidi
e dalla corrispondente zona corticale (e il cui numero è quindi uguale a quello delle piramidi) e lobuli, che
constano della sola parte corticale costituita da un raggio midollare e dalla parte convoluta che lo circonda.
Per svolgere la loro azione di filtrazione del sangue, i reni necessitano di un abbondante apporto ematico,
tanto che ogni minuto circolano nel rene circa 1.1 litri di sangue.
Ciascun rene riceve dall’aorta addominale l’arteria renale, del calibro di 7 mm; questa, dopo aver fornito
diramazioni per la surrenale e per la capsula adiposa, entra nella compagine del rene attraverso l’ilo e qui si
divide in due rami, situati rispettivamente al didietro (ramo principale posteriore) e al davanti (ramo
principale anteriore) della pelvi renale; nel seno renale queste si dividono nelle arterie interlobari, che
penetrano ognuna in una colonna renale; queste ultime risalgono verso la base delle piramidi renali
biforcandosi e correndo parallelamente alla base della piramide, divenendo arterie arcuate. Dalle
ramificazioni delle arterie arcuate si formano le arterie interlobulari (che diventano arteriole afferenti,
arteriole efferenti e arterie rette spurie) e le arterie rette vere.
La circolazione venosa riprende abbastanza fedelmente quella arteriosa.
I linfatici terminano nei linfonodi preaortici e paraaortici.
I nervi sono dipendenza in massima parte del plesso celiaco e in minima parte dei nervi splancnici.
I reni sono costituiti da parenchima e da stroma: il parenchima è rappresentato dalle unità fondamentali, i
nefroni (che si dividono in nefroni corticali, 85%, situati alla periferia del rene, caratterizzati da un
corpuscolo più piccolo e un dotto escretore più corto, e nefroni iuxtamidollari, 15%, più interni,
caratterizzati da corpuscolo più voluminoso e dotto più lungo) e da un sistema di dotti escretori, accolti nei
raggi midollari, i quali convogliano l’urina verso i calici minori, assolvendo anche al compito di modificare
definitivamente la composizione dell’urina stessa; lo stroma, di natura connettivale, esiguo nella corticale,
più abbondante nella midollare, presenta i vasi sanguigni e linfatici e le terminazioni nervose del plesso
renale; lo stroma è ricco di ogni genere di popolazione cellulare connettivale, e svolge sia il compito
normale di produzione di collageno, sia il compito della regolazione della concentrazione urinaria e della
secrezione delle prostaglandine.
Il foglietto parietale della capsula glomerulare è costituito da epitelio pavimentoso semplice; il foglietto
viscerale da elementi epiteliali, i podociti, che da un lato determinano lo spazio capsulare e dall’altro si
addossano ai capillari glomerulari; i podociti, elementi altamente differenziati, sono elementi stellati che
avvolgono come una piovra i capillari glomerulari grazie ai loro processi, dai maggiori dei quali derivano
un numero notevole di piccoli prolungamenti chiamati pedicelli.
I capillari glomerulari hanno un endotelio di tipo fenestrato, privo dei consueti diaframmi.
Nei glomeruli sono anche presenti della particolari cellule, dette cellule del mesangio, localizzate in ordine
sparso, il cui compito sembra essere quelli di regolare il calibro dei capillari grazie alla loro natura
contrattile; sono inoltre dotate di attività fagocitaria.
Il corpuscolo renale funziona come un ultrafiltro che produce l’ultrafiltrato glomerulare, il cui volume si
aggira all’incirca sui 180 litri al giorno e che viene raccolto negli spazi capsulari e inviato nei tubuli
prossimali.
Il tubulo prossimale è delimitato da epitelio cilindrico semplice dotato di microvilli, e il cui compito
principale è quello di riassorbire l’80% circa dell’ultrafiltrato glomerulare. Il riassorbimento avviene sia
con modalità passiva che attiva (molecole carriers per gli aminoacidi ed endocitosi per le proteine): il
risultato di questo processo è il riassorbimento di 4/5 del volume dell’urina iniziale (ultrafiltrato) e prende il
nome di liquido tubolare.
Nell’ansa del nefrone l’epitelio è pavimentoso semplice dotato di microvilli e nella parte discendente viene
riassorbita acqua, mentre nella parte ascendente vengono riassorbiti ioni sodio e cloro.
Il tubulo distale presenta un epitelio cubico semplice con rari e brevi microvilli ed un lume ampio e
regolare, soprattutto nella parte rettilinea. Nella parte iniziale vengono riassorbiti ioni, mentre nella parte
successiva, sotto l’effetto dell’ADH della neuroipofisi, viene riassorbita acqua. - L’apparato iuxtaglomerulare è un complesso di formazioni che s trovano in sede vascolare a livello del
corpuscolo renale. E’ formato da:
cellule iuxtaglomerulari, situate nell’arteriola afferente prima del suo ingresso nel corpuscolo renale: sono
elementi contrattili che sostituiscono le miofibrille lisce; hanno la funzione di pressocettori che secernono
una sostanza ad azione vasopressoria, la renina (che determina un aumento della pressione arteriosa a causa
della contrazione della muscolatura liscia) in quantità variabile secondo i valori pressori. Le cellule
iuxtaglomerulari producono anche eritrogenina, che dà origine all’eritropoietina. - La macula densa è rappresentata da quella parte di tubulo distale che viene a contatto con le cellule
iuxtaglomerulari e rappresenta il punto di confine tra parte rettilinea e parte convoluta dello stesso tubulo;
dati i sui intimi rapporti con suddette cellule, si pensa che esse agiscano in cooperazione, e che la macula
densa sia un chemocettore. - Il mesangio extraglomerulare è rappresentato da un gruppo di cellule situate fra la macula densa e le
cellule iuxtaglomerulari, probabilmente con il compito di mediatrici fra queste due formazioni.
I dotti escretori sono formati dai dotti collettori, di epitelio cubico semplice, in cui viene riassorbita acqua e
l’urina raggiunge volume e concentrazione definitiva dopo essere stata acidificata mediante il
riassorbimento di bicarbonato e ioni idrogeno, e dai dotti papillari.
Vie Urinarie
I calici sono contenuti nel seno renale, immersi nel tessuto adiposo, e sono corti condotti (circa 1 cm) che
ricevo lo sbocco dei dotti escretori collegandosi con una estremità ad una papilla, e con l’altra sfociando nei
dotti maggiori, che in genere sono 3 (superiore, medio, inferiore).
La pelvi renale è un bacinetto, schiacciato in senso anteroposteriore di circa 2 cm di altezza, 1.5 di
larghezza e della capacità di 4-8 ml contenuto nel seno renale, in cui sfociano i calici maggiori.
La parete dei calici e della pelvi è costituita da una tonaca mucosa assai sottile caratterizzata da un epitelio
di transizione (che si trasforma in cilindrico prima semplice e poi stratificato in corrispondenza delle
papille) con la peculiare capacità di essere molto distendibile e impermeabile; l’epitelio poggia su una
lamina propria di connettivo ricco di fibre elastiche; seguono una tonaca muscolare non molto sviluppata
e una tonaca avventizia di connettivo lasso che dai calici trapassa nella capsula fibrosa che tappezza le
pareti del seno.
I vasi sanguiferi, i linfatici e i nervi dei calici e della pelvi sono gli stessi dei reni.
Gli ureteri (POST: psoas; ANT: duodeno a destra, flessura duodenodigiunale a sinistra, poi anse del
tenue, poi vasi iliaci esterni a destra e comuni a sinistra; MED: vena cava inferiore a destra e aorta a
sinistra, poi retto e, nella femmina, ovaio; LAT: margine mediale del rene e poi colon (ascendente a destra
e discendente a sinistra);
sono condotti pari e simmetrici che prendono origine dalle pelvi renali e portano l’urina fino alla vescica
urinaria. L’uretere ha una notevole lunghezza, circa 29 cm nell’adulto, e discende in basso e medialmente;
è possibile distinguervi una parte addominale, corrispondente alla regione lombare e iliaca, una parte
pelvica, corrispondente alla piccola pelvi, e una parte vescicale, compresa nello spessore della vescica che
l’uretere trapassa con decorso obliquo.
Il lume dall’uretere, appiattito in senso anteroposteriore a causa della pressione esercitata su di esso dai
visceri addominali ,ha un diametro medio di 4-7 mm e vi si individuano tre restringimenti fisiologici (uno
poco dopo l’origine, uno a livello della flessura e uno poco prima dello sbocco nella vescica), nonché un
cambio di direzione (flessura marginale) a livello dello stretto superiore del bacino quando incontra i vasi
iliaci.
La parete dell’uretere è costituita da una tonaca mucosa di epitelio di transizione che si solleva in pieghe
longitudinali che scompaiono con la distensione del condotto, non si individua una tonaca sottomucosa e la
tonaca muscolare permette movimenti peristaltici che spingono l’urina verso il basso; la tonaca avventizia
è di connettivo lasso ricco di fibre elastiche.
Le arterie destinate all’irrorazione degli ureteri presentano numerose variazioni individuali; le principali
arterie derivano dall’aorta renale (arteria uretrale superiore) e, per la porzione pelvica, dalla arteria iliaca
interna o da un suo ramo; piccoli rami possono originare anche dall’arteria genitale.
Le vene si scaricano in alto nella vena renale e nel plesso venoso perirenale.
I linfatici sono tributari dei linfonodi lomboaortici per la parte addominale e dei linfonodi ipogastrici per
quella pelvica.
I nervi provengono dal plesso renale, dal plesso genitale e dal plesso ipogastrico.
La vescica (ANT: sinfisi pubica e parete addominale; POST: retto, vescichette seminali e anse del tenue
nel maschio e utero nella femmina; INF: prostata nel maschio e fornice vaginale anteriore nella femmina;
LAT: pareti della piccola pelvi; SUP: anse del tenue) è un organo cavo muscolo membranoso e rappresenta
il serbatoio dell’urina e ha una capacità di circa 300 ml che in condizioni patologiche, grazie alla parete
molto distendibile, può raggiungere i 2-3 litri.
La vescica ha forma e posizione dipendenti dal grado di riempimento: quando è vuota presenta contorno
triangolare e risulta appiattita in senso anteroposteriore; quando si riempie, la parete superiore, che è la più
distendibile, diventa assai convessa e si spinge nella parete anteriore dell’addome.
La vescica è fissata nella sua posizione da varie formazioni. Esse sono: - il peritoneo parietale, che avvolge la vescica in maniera differente a seconda dello stato di riempimento e
quindi di dilatazione della stessa; quando essa è vuota, il peritoneo passa quasi direttamente dall’altezza
della sinfisi pubica direttamente sulla faccia superiore della vescica, continuando lateralmente e
posteriormente ,portandosi sulla faccia posteriore del retto nel maschio e dell’utero nella femmina; quando
invece la vescica è vuota, il peritoneo forma un cavo dato dalla riflessione del peritoneo dell’addome su
quello della faccia superiore della vescica; - la fascia vescicale, assai sottile e difficilmente isolabile, che acquista consistenza solo anteriormente e
posteriormente, è un addensamento del tessuto connettivo sottoperitoneale e rappresenta la porzione della
fascia pelvica in rapporto con la vescica; - il legamento ombelicale mediano si tende dall’apice della vescica alla cicatrice ombelicale, e risulta teso a
vescica vuota e forma un ansa a vescica piena. È un residuo della porzione intraembrionale dell’allantoide; - i legamenti ombelicali laterali scendono anch’essi dalla cicatrice ombelicale e si fissano alle pareti laterali
della vescica; - i legamenti vescicali anteriori sono fascetti fibrosi ricchi di fibrocellule muscolari che fissano la base
della vescica (e nel maschi anche la prostata) alla sinfisi pubica; - i legamenti vescicali posteriori sono presenti solo nel maschio e collegano la base di vescica e prostata
alle superfici laterali del retto.
La superficie interna della vescica ha colorito giallo roseo; a livello del corpo presenta delle pieghe
trasversali che scompaiono con la distensione, eccetto che nell’adulto, in cui rimangono. Alla base sono
visibile tre orifizi che delimitano una zona triangolare, il trigono vescicale (la cui superfici si mantiene
liscia anche a vescica vuota), e cioè il meato uretrale interno e i meati posteriori, destro e sinistro, che
rappresentano lo sbocco della porzione intramurale degli ureteri (pieghe ureteriche, che si uniscono
determinando la piega interureterica). La porzione posteriore al trigono presenta una depressione detta
fossa retroureterica.
La parete della vescica, costituita da epitelio di transizione, può raggiungere uno spessore di 1,5 cm allo
stato di vacuità e di 0,3 cm allo stato di riempimento. La lamina propria è di connettivo denso ricco di fibre
elastiche ed è priva di ghiandole, tranne nel trigono vescicale, dove sono presenti delle ghiandole
interpretabili come uretrali aberranti; la tonaca muscolare è assai sviluppata e costituisce nel suo insieme il
muscolo detrusore della vescica, la cui contrazione determina la minzione; in corrispondenza del trigono
vescicale si trova una formazione muscolare a sé stante, il muscolo trigonale. La tonaca avventizia è di
connettivo denso e appartiene alla fascia vescicale, mentre la tonaca sierosa è data dal rivestimento
peritoneale.
I rapporti della vescica sono individuati in relazione alle tre parti in cui si divide la vescica stessa:
la base: nel maschio, poggia anteriormente sulla prostata alla quale aderisce intimamente, e subito dietro
contrae rapporti con le vescichette seminali e con le ampolle dei canali deferenti; nella femmina la base
della vescica corrisponde, dall’avanti all’indietro, al terzo superiore della parete anteriore della vagina, al
fornice vaginale anteriore e alla porzione sopravaginale del collo dell’utero;
il corpo: la faccia anteriore è in rapporto con la sinfisi pubica, con le branche superiori e inferiori del pube
e, più lateralmente, con i muscoli otturatori interni; le facce laterali, determinabili solo a vescica distesa,
corrispondono alle pareti della piccola pelvi; la faccia posteriore è in rapporto, nel maschio con le anse
intestinali e il retto, nella femmina, con la faccia anteriore dell’utero;
l’apice: coperto dal peritoneo, è in rapporto con le anse dell’intestino tenue.
Le arterie sono rappresentate dalle voluminose arterie vescicali superiori e inferiori, che si ramificano e si
anastomizzano fra loro in corrispondenza della superficie vescicale.
Le vene formano un consistente plesso, il plesso perivescicale, che si scarica nel plesso pudendo.
I linfatici fanno capo ai linfonodi iliaci interni e esterni.
I nervi hanno origine sia dal plesso ipogastrico sia dai rami anteriori del 2°, 3° e 4° nervo sacrale.
URETRA MASCHILE
L’uretra maschile, della lunghezza di circa 20 cm ha decorso piuttosto complesso e può essere suddivisa in
una parte prostatica (lunga 3,5 cm, corrispondente al tratto iniziale in cui attraversa la prostata), una parte
membranosa (1,5 cm, compresa nello spessore del diaframma urogenitale) e una parte cavernosa o
spongiosa (lunga 15 cm, che attraversa il pene, in cui è circondata da un manicotto dato dal corpo
spongioso).
Nel tratto prostatico il condotto scende quasi verticalmente per poi descrivere una curva a concavità
anterosuperiore, la curva sottopubica, che corrisponde all parte membranosa e che termina quando subentra
la parte cavernosa, che inizia con una curva a concavità posteroinferiore, la curva prepubica, non presente
con l’erezione; giunta all’estremità del pene, l’uretra sbocca all’esterno tramite il meato uretrale esterno.
Il lume dell’uretra, allo stato di riposo, è virtuale, e diventa cilindrico quando passa l’urina, essendo
comunque caratterizzato da restringimenti e dilatazioni (aspetti piuttosto importanti per l’introduzione di
strumenti come il catetere in vescica); i restringimenti si trovano nel meato uretrale interno, nella parte
membranosa e nel meato uretrale esterno, che rappresenta la parte più stretta, mentre le dilatazioni sono a
livello prostatico, della fossa del bulbo e della fossa navicolare.
La tonaca mucosa dell’uretra è costituita da epitelio di transizione fino allo sbocco dei dotti eiaculatori, da
epitelio cilindrico pluristratificato fino alla fossa navicolare e da epitelio pavimentoso pluristratificato fino
all’esterno, dove si continua con l’epitelio che riveste il glande; la lamina propria è di connettivo denso,
ricco di fibre elastica e di numerose ghiandole mucose, il cui secreto serve a lubrificare il condotto; la
tonaca muscolare presenta una componente liscia e una striata, più superficiale, la quale costituisce il
muscolo sfintere dell’uretra che impedisce che la vescica si svuoti automaticamente quando ha raggiunto
un certo grado di riempimento.
Le arterie dell’uretra corrispondono alla arteria rettale media, all’arteria prostatica e all’arteria pudenda
interna.
Le vene si scaricano nel plesso pudendo e nel plesso vescicoprostatico in alto, e nelle vene profonde del
pene in basso.
I vasi linfatici sono tributari dei linfonodi iliaci interni, esterni e inguinali, mentre i nervi derivano dal
nervo pudendo.
URETRA FEMMINILE
L’uretra femminile, della lunghezza di circa 4 cm, dopo aver preso origine dal meato uretrale interno, si
dirige in basso e anteriormente descrivendo una leggera curva a concavità anteriore, fino a sboccare nel
tetto del vestibolo della vagina.
Il meato uretrale esterno rappresenta la parte più ristretta e di forma più variabile di tutta l’uretra femminile;
talvolta, specialmente nei soggetti giovani, il contorno anteriore del meato esterno è collegato al clitoride da
un rilievo della mucosa di colorito pallido, la briglia uretrale o mascolina.
L’uretra si mette in rapporto anteriormente con la sinfisi pubica, lateralmente con il
plesso pudendo, il muscolo elevatore dell’ano, i corpi cavernosi del clitoride, e
posteriormente con la parete anteriore della vagina, alla quale, nei 2/3 inferiori, aderisce
intimamente, essendone divisa dal setto uterovaginale, di 1 cm.
La struttura delle tonache è identica, come la configurazione interna (rosea con pieghe longitudinali), a
quella maschile.
Le arterie corrispondono alle arterie pudende interne, alle arterie vaginali e alle arterie vescicali inferiori.
Le vene sboccano in alto nei plessi pudendo e vescicolovaginale e in basso nelle vene degli organi erettili.
I linfatici fanno capo ai linfonodi ipogastrici e iliaci esterni in alto e ai linfonodi inguinali in basso.
I nervi sono dipendenze del nervo pudendo e del plesso ipogastrico.